Perchè a volte, i più grandi cambianenti interiori, si riflettono su come porti i capelli?
Seguimi in queste righe, perché ti racconto una cosa…
Ho 8 anni, immaginati me allo specchio, ogni mattina, ad impegnarmi nel mettere al proprio posto ogni singolo capello, uno ad uno, con litrate di gel o cera per capelli. Sposto il viso, ne metto a posto uno. Tiro su il mento, ne metto in piega un altro ancora. E da lì non ho più smesso! Ogni santo giorno, da quando ho memoria!
I miei amici a volte mi prendevano in giro, perchè i capelli tenevano la piega anche se andavo sott’acqua (Lol). Giornate in spiaggia e i miei capelli stavano sù, più dritti dell’ego di Cristiano Ronaldo (Lol Lol)!
Per anni ho tenuto tutto sotto controllo. I capelli. Le emozioni. Le decisioni. Avevo bisogno che ogni cosa fosse… “pettinabile”. Un taglio preciso, lineare, facilmente gestibile. Un po’ come il mio modo di affrontare la vita: ordinato, pianificato, scolpito con forbici affilate. Si, un maniaco del controllo!
E poi, un giorno, semplicemente ho smesso di tagliare. È successo ormai da qualche mese…
All’inizio era solo una questione pratica. Avevo altro da fare. Mille pensieri. Tantissime cose da gestire e poco tempo per “curarsi”.
Lavorando da remoto, posso “camuffare” quel tanto che basta per non apparire in videocall come un cavernicolo tornato dall’ultima battuta di caccia, quindi solitamente mi basta poco per riordinare il look.
Ma in quel periodo c’erano troppe cose da inseguire, troppe cose da mettere a posto, quindi mi svegliavo e mettevo focus su altro…
E i capelli? Crescevano. Senza chiedere il permesso.
Adesso ogni mattina mi guardo allo specchio e li vedo ribellarsi. Crescono storti. Anarchici. Con quella forma strana che non riesco a sistemare con nessuna cera. Ma ho capito una cosa Non sono storti… Sono ricci. Sì, ricci. Lo sono sempre stati. Solo che io li ho sempre tagliati prima che potessero mostrarsi per ciò che erano. E sai qual è la cosa assurda? Non li ho mai conosciuti davvero.
Non sapevo di essere riccio!
E così mi chiedo: “Quante altre cose di me ho tenuto sotto controllo, impedendogli di venire fuori?” Quante parti ho rasato via, solo perché pensavo che non fossero “in ordine”? Quante emozioni ho sistemato, nascosto, pareggiato… solo perché non rientravano nel taglio che mi ero imposto?
C’è un’estetica nel controllo… Ma c’è una bellezza selvaggia nell’autenticità. Quante maschere mettiamo con gli altri, in nome di questo “controllo”?
Lasciando crescere i capelli, ho scoperto qualcosa che c’era da sempre… ma che non avevo mai avuto il coraggio di lasciar emergere. Ed è lo stesso che mi sta accadendo in questo periodo della vita…ad esempio nel matrimonio.
Io, che ho sempre vissuto da lupo solitario, che pensavo non sarei mai riuscito a condividere pienamente i miei spazi, i miei tempi, le mie abitudini… …oggi mi ritrovo a condividere insieme ad Aurora il “bello di ogni cosa”. Ho scoperto di essere una di quelle persone che pensa che la felicità va condivisa, altrimenti è solo un bagliore. Ho scoperto che so stare bene da solo…ma se lei è lì con me, sto meglio. A gustare cose che da solo non avrei mai neanche pensato di assaggiare. A lasciarmi sorprendere da parti di me che erano sempre state lì — solo nascoste sotto un taglio troppo preciso.
Ho scoperto che lasciare andare il controllo è come smettere di usare la macchinetta dei capelli ogni tre settimane. All’inizio ti senti a disagio. Ti guardi, non ti riconosci e pensi: “Ma che fine ho fatto?” Poi, piano piano, capisci che quella nuova versione di te… non è affatto nuova. È quella vera. Essere riccio non è solo una questione di capelli. È una mentalità. È permettersi di cambiare forma. Di non essere perfetto. Di non rientrare più in uno schema fisso. È scoprire che puoi essere ordinato anche nel disordine. Che puoi essere amato anche quando non sei gestibile. Che puoi sorprenderti di te stesso, quando smetti di costringerti a somigliare a qualcun altro.
Quindi sì: Ho scoperto di essere riccio. E non solo sulla testa. Anche nel cuore. Nel modo in cui amo. Nel modo in cui scelgo. Nel modo in cui — finalmente — vivo.
Chissà perchè tutto è partito dallo stravolgere i capelli… forse perché i veri cambiamenti avvengono prima di tutto dalla testa.
Se anche tu sei lì che cerchi di sistemare tutto… lascia che qualcosa cresca fuori posto. Chissà che, nel farlo, non scopra una parte di te che non avevi mai conosciuto.
Perciò ti auguro di lasciarti sorprendere dai “ricci” della tua capigliatura
Ecco ci siamo! Manca un battito di ciglia e farò il grande passo…
Esattamente tra 12 ore attenderò Aurora all’altare
È uno di quei momenti in cui tutto sembra sospeso…Come quando prendi un respiro prima del balzo
Così passo queste ore in riflessione…analizzando tutto ciò che mi ha portato qui
Le paure, le lacrime, i sogni, le speranze.
Sai, siamo stati abituati che ad oggi è più “normale” non compromettersi con un “per sempre”.
Un “SI” definitivo non solo spaventa…ma quasi scandalizza!
Quelle persone che alla mia affermazione: <<Mi sposo!>>, si sentono in “dovere” di lanciarmi battute tipo: <<Sei sicuro?>>, oppure: <<Ma ti vuoi così male?>> e che alla fine contribuiscono a cementificare l’idea che sposarsi, ad oggi, è da incoscienti…
Quasi come se non ci avessi pensato bene. Quasi come a non accorgersi che tutto il mio essere, la mia persona, i miei trascorsi sono stati uno slancio verso questo momento preciso.
Qui davanti al computer, sul tavolo in salotto…a pensare a quante cose sono cambiate…tiro un po’ le somme
e da bravo analitico quale sono mi concedo il fastidioso lusso di sviscerare ogni lezione che penso di aver imparato in questi quasi 3 anni con Aurora
Vuoi sapere quali sono le sensazioni di un uomo prima di sposarsi?
Continua a seguirmi in queste righe…
Ecco i miei ricordi:
Un’infinità di porte che ho chiuso. Di incontri con persone, che sono rimasti solo “incontri”. Di situazioni che quando le descrivi al tuo migliore amico, ne parli appunto come “situazioni” in cui ti sei ritrovato e che non si sono mai evolute.
Questo era lo scenario prima di incontrare Aurora
In maniera poco causativa mi do delle scusanti…
Infondo dopo un po’ ti abitui sempre più alle “situazioni” di passaggio e passi il tempo ad allargare il tuo spazio vitale piuttosto che lavorare sodo per preparare il terreno per chi verrà e vorrai far restare
Se passi tanto tempo a “stare bene” da solo, ti convinci che è davvero così!
Una casa ordinata, arredata con un gusto che ti rispecchia alla perfezione…Il profumo che sa di te. Nel bagno ci sono solo le tue cose. Ad accogliere i tuoi vestiti è un armadio a sei ante…E ti puoi permettere il lusso di non fare il cambio stagione, tanto tieni tutto lì.
Puoi permetterti di lasciare quelle maglie vecchie, che non metti più…e sai che non riutilizzerai mai, ma che lasci lì perchè ti evocano un ricordo, un momento o una fase della tua vita. I vestiti del passato non sono ingombranti
Non vuoi buttarli…non ce n’è bisogno. Tanto lo spazio c’è!
E così l’armadio dei vestiti, diventa il “parcheggio dei ricordi”
Ecco…
Ho imparato questo.
I “vestiti del passato” non ingombrano…fino a quando non incontri La persona che decidi di far restare.
A quel punto il gioco cambia e cambia anche la vita, anzi, LO SPAZIO.
Ho imparato che fino a quando rimani da solo, il tuo spazio vitale aumenta. Una volta accolta la persona che decidi di far restare, il tuo spazio DEVE DIMINUIRE…altrimenti l’altra non troverà mai posto.
L’altra persona ti richiede spazio. Ti richiede tempo. Ti richiede “pulizia”…delle cose accatastate e di quelle cose a cui lei stessa non trova una collocazione
Ti è mai capitato di condividere lo spazio con un’altra persona e vederla trovare un altro posto ad un oggetto che eri solito riporre da una parte ben precisa?
Ecco questo si chiama matrimonio!!! (…)
No, scherzo!!
Questo per me si chiama “spazio vitale”.
L’altro concepisce lo spazio in maniera diversa dal tuo. Lo guarda attraverso i suoi occhi, le sue esperienze, le sue esigenze e la sua logica.
Ecco perchè la tazza della colazione la troviamo sullo stipetto a destra…e non nella credenza (dove l’avevi sempre riposta).
Eppure se non si impara a “diminuire” per l’altro, non ci sarà casa abbastanza grande da poter ospitare il tuo lui o la tua lei.
Quell’armadio può essere anche di 12 ante…ma l’altra persona ha i tuoi stessi limiti, ha ferite come te, ha dei bagagli come te, tanti vestiti e ricordi da volersi portare…e se entrambi non rinunciano a qualcosa del proprio spazio, non troveranno mai posto l’uno nella vita dell’altro.
Vuoi lavorare su te stesso e far posto all’altra persona?
Inizia dal tuo armadio.
Qualche mese fa, in vista di accogliere Aurora in casa mia, dopo che ci saremmo sposati, ho iniziato a fare pulizia proprio nel mio armadio.
Ho optato per la “terapia d’urto” —> Ho buttato tutto! (o quasi)
I vestiti accumulati non avevano senso, dal momento in cui verrà un’altra persona e avrà bisogno di spazio.
Quando si è da soli, l’abbondanza di spazio è una “ricerca”…Quando accogli l’Aurora della tua vita, il “tanto spazio” diventa superfluo.
Esiste l’essenziale.
La giusta quantità.
Il giusto equilibrio.
Non troppo di te. Non troppo di lei.
L’essenziale per vestirsi bene. L’essenziale per dormire bene. L’essenziale per amarsi
Infondo, il rapporto tra due persone potrebbe essere quell’armadio a 6 ante, dove inizia con lei e finisce con te. Lei ti chiederà più posto…e allora al centro le fai mettere i vestiti lunghi, quelli che hanno bisogno di più spazio e che devi appendere con l’appendi abiti…tanto si sa, anche se sono i suoi, avrà sempre bisogno del tuo aiuto per tirarli giù.
Non aver paura a fare spazio nel tuo armadio!
Il tempo qui è passato…tra circa 9h sarò un uomo diverso
In effetti queste sono le ultime parole scritte da possessore di un armadio a 6 ante tutto per me…
Ma sai cosa ti dico?
Ti auguro di liberare presto un po’ di spazio nel tuo
io vado a buttare qualche altra maglia e fare un altro po’ di spazio nel mio…prima di domani.
“Trovati una persona che beva il bicchiere fino in fondo”.
È stata questa la frase che è arrivata come un uragano a scuotermi dalle viscere, detta da una delle persone più care che ho.
Ero a cena con Lorenzo, davanti ad un hamburger…si parlava del periodo appena trascorso, della decisione che a 29 anni lo ha portato a “scegliere l’Amore” davanti a tutto, anche davanti ad un’opportunità di carriera.
Di quanto è stata bella e allo stesso tempo difficile la strada che lo ha portato a chiedere a Letizia di sposarlo.
Una decisione che racchiude in sé coraggio, bellezza e un grido di “io ci credo e mi butto fino in fondo”.
Ora che ci penso non ho mai conosciuto una persona più coraggiosa…che “non si lascia stare”, che va fino in fondo alle cose, come fa lui.
Cosí tra quelle sue frasi, che suonano cosí tanto estranee alle cose a cui ci siamo abituati oggi, inizia uno dei discorsi più belli che abbia mai sentito riguardo l’Amore e i rapporti:
“Due persone risuonano quando appartengono allo stesso strumento. È inutile mettere delle corde di una chitarra accanto l’ancia di un clarinetto – non suonerà. Ma se le corde le metti sopra la cassa di risonanza di una chitarra, ecco che esce il suono. “
Quanto è vero!
Il punto è che possiamo anche essere degli ottimi elementi, io essere delle buone corde e tu un’ottima ancia, ma se non apparteniamo allo stesso strumento non suoneremo insieme
Non tutti gli elementi se li combiniamo portano lo stesso risultato.
È cosí anche con le persone.
Quindi la questione è che non occorre essere simili, occorre appartenere allo stesso strumento.
Allora come faccio a capire a quale strumento appartiene la persona che ho davanti?
Come faccio a sapere se suoneremo o no?
Parlando con Lorenzo e ascoltando le sue parole, i suoi aneddoti del rapporto con Letizia, la strada che hanno intrapreso, le scelte che da anni entrambi da CORAGGIOSI hanno saputo prendere, il lavoro che costantemente riescono a fare nella loro relazione, sono arrivato a questa conclusione:
“Corda di chitarra non ci si nasce, ci si diventa”
Cosí come “cassa di risonanza”.
Al matrimonio ci arrivi da persona “diversa”…non puoi essere la stessa persona entrata nel fidanzamento.
Altrimenti vuol dire che nel rapporto con l’altra persona non sei cresciuto, non hai lavorato, non hai smussato, hai “lasciato perdere” e quindi sprecato quel tempo prezioso che nel fidanzamento devi sfruttare per diventare corda di chitarra e lei/lui cassa di risonanza.
Perchè lo “strumento musicale” lo costruisci insieme.
Occorre andare fino in fondo per limare gli angoli acuti, diminuire gli attriti, accogliere i limiti di lui e amare i defetti di lei.
Non serve essere identici…
Soprattutto non serve essere perfetti.
Si ama da “imperfetti”, i perfetti non amano.
. . .
L’hamburger stava per finire, rimanevano le patatine nel piatto e mezza bottiglia di birra ancora da versare nel bicchiere…
Le frasi di Lorenzo continuavano a fare da “guarnizione” alla cena come il ketchup sulle patatine…
annuivo, sorridevo alle sue parole, felice di ascoltarle:
<< Si Salvo, il punto è proprio questo: crescere nel rapporto! Nella complicità del lavorare insieme. Parlare la stessa lingua. Essere sulla stessa lunghezza d’onda. Pensarla allo stesso modo. In inglese dicono: “on the same page”…letteralmente: essere nella stessa pagina. Perciò fratello, ti auguro proprio questo: trovare una persona che sia nella tua stessa pagina. Che non sia perfetta ma che suoni con te perchè appartenete allo stesso strumento, il quale avete costruito con tempo e fatica…perchè non vi siete lasciati stare, non avete lasciato perdere. Perchè siete andati a fondo in tutto ciò che c’era. Perciò trovati una persona che beva il bicchiere fino in fondo.>>
Wow!
Era tutto lí. Tutto ciò che c’è da sapere su un rapporto…
La birra nelle bottiglie era quasi finita ormai e il bicchiere era vuoto. Avevamo quasi bevuto tutto ciò che c’era da bere…un parallelismo che faceva intendere che avevamo detto tutto ciò che c’era da dire.
Non restava che fare una cosa…
Abbiamo versato la birra rimasta per un ultimo sorso…
Qualcosa di appropriato…si, brindiamo solo a questo:
“Alla persona che sa bere il bicchiere fino in fondo!”
Quelli che ti fanno sentire a casa anche in mezzo ad una via in pieno centro, solo perché “casa” é la persona che ti abbraccia, hai presente?
Ero al Quasar, al supermercato alcuni giorni fa, facendo spesa…stavo scegliendo i miei amati müesli per la colazione…ed ho visto questa scena:
Un uomo abbraccia la sua donna, era ferma davanti ad uno scaffale…
Non so il motivo ma si capiva che era sconvolta. Era intenta a fissare lo scaffale, come se stesse guardando il vuoto.
Lui le si avvicina da dietro in modo deciso, l’abbraccia avvolgendola e le dice in modo chiaro: “supereremo anche questa!”
In quel momento ho visto lei abbandonarsi completamente al suo abbraccio e lui non la lasciava…
Era come se fossero da soli in quel supermercato.
Le altre persone che passavano accanto, le comunicazioni interne del personale del negozio, il bip della spesa battuta alle casse…
Era sparito tutto.
Ed io ero lí che guardavo “dentro” quella scena.
E mi sono sentito quasi privilegiato a poter vedere ció.
Si perché mi hanno fatto pensare a quanto fosse speciale, intimo, potentissimo e incommensurabile tutto questo: l’abbraccio della persona che ti ama e che trovi ogni giorno accanto, che ti abbraccia sempre…e che in un momento di dolore ti abbraccia ancora di più.
Non so cosa fosse successo…
Mi si è stretto il cuore a pensare che quella scena fosse il risultato di un momento di dolore.
Vedere peró quell’abbraccio così avvolgente, così presente… così colmo di qualcosa che ha il profumo di simbiosi, lì davanti a me…é stato davvero illuminante e allo stesso tempo tremendo.
Prendo in fretta i miei müesli ai fiocchi d’avena, passo oltre i due, mi metto in fila alla cassa e inizio a riflettere.
Ed ecco che torna a perseguitarmi la mia solita odiata e (ultimamente) amata matematica con le sue equazioni:
– Un momento di dolore = l’abbraccio della persona che ami – Il dolore della persona che ami = l’abbraccio che lo avvolge
Quali di queste due equazioni avrei voluto incarnare?
Chi dei due avrei voluto essere in quel momento?
La persona che nello sconforto più profondo trova la presenza dell’altro…
Oppure quello che nel dolore della persona amata si stringe a lei facendo scudo con il suo corpo e cancellando ogni persecuzione possibile avendo la forza di dire: “supereremo anche questa”?
E chi dei due stava soffrendo di più?
Lei con le sue lacrime negli occhi… O lui con negli occhi lei che piangeva?
Arriva il mio turno…
Devo pagare…
Tiro fuori la mia carta fedeltà, faccio un sorriso alla cassiera…e mi dirigo al di là della cassa per mettere in busta la spesa…
E continuo a pensare.
Se ad ogni situazione corrisponde un’equazione, qual era la mia?
Quale equazione stavo incarnando?
Ne ho sbagliata qualcuna nel mio percorso?
Che risultato avevo ottenuto?
Era giusto o sbagliato?
Di solito a scuola c’era sempre il voto della prof a farti capire con un bel “4” scritto in rosso all’esterno del compito, che non ci avevi capito un cactus…e che dovevi recuperare.
Ma qui era diverso!
Nessun voto che ti dice se hai azzeccato l’equazione giusta o devi riniziare da capo l’esercizio.
Che disastro!
Se per fare centro nell’Amore, devo contare sulle mie nozioni di matematica, allora sono spacciato!
“Sono 14,90”
– Come?
“Quattordici e novanta!”
No, non é il risultato dell’equazione… Era il mio scontrino da pagare!
Pago con il bancomat, finisco di mettere a posto la spesa
E mi dirigo fuori dal centro commerciale…
Cammino…
I miei pensieri vanno più veloci dei miei passi.
Entro in macchina e continuo a ragionare
Se in matematica le equazioni vengono formate da più elementi che combinati tra loro danno un risultato, allora per avere un determinato risultato basta combinare i numeri giusti.
Quindi la questione é che dipende dal risultato che si vuole ottenere.
Se punto a un certo risultato allora capirò che numeri mi occorrono per riuscire a completare l’equazione.
Ingrano la marcia e corro spedito verso casa…
Voglio fare presto. Ho fame e ho la roba surgelata nella busta che si sta scongelando sul sedile.
Esco dal parcheggio del Quasar…
Neanche vedo più le macchine per strada…
Guido e davanti ai miei occhi ho solo quell’abbraccio.
Quell’uomo e quella donna, davanti lo scaffale
Ma é giusto paragonarli ad un’equazione?
Se combino dei numeri il risultato che ottengo é una cosa “certa”. Basta contare le variabili e avrò un certo numero definito di soluzioni.
Ma con le persone è diverso…
Siamo mutevoli come le lancette del tempo su un quadrante di un orologio…capaci di essere diversi dal secondo appena passato.
Ok, non siamo dei numeri…siamo pur sempre peró l’insieme di cambiamenti e decisioni prese, che danno un risultato
Come faccio a capire allora se ho sbagliato l’equazione?
Che risultato ho in questo momento?
Passo le ultime case prima di entrare nei tornanti in mezzo la campagna, prima di arrivare a casa…é già buio e ho gli abbaglianti accesi.
Poi inizio a capire…
Per azzeccare l’equazione, devo avere chiaro il risultato da raggiungere, l’ho detto anche prima…
Allora cosa voglio io?
Dov’è il mio abbraccio quando sono triste?
Dov’è la persona da abbracciare quando devi sorreggerla?
Ecco il mio risultato!
Il messaggio di lei che ti chiede se sei arrivato a casa. Il tenersi per mano se si va al mercato con la busta della spesa che tiene lui per non farle pesare al braccio di lei, mentre lei indica la centonovantesima bancarella da dover visionare scrupolosamente in cerca del dodicesimo possibile aggeggio per casa, importato dalla Papuasia e che non userete mai ma che si intona bene con il colore della tovaglia da mettere solo a Pasuqa. Le giornate storte e i litigi senza senso, urlando i propri isterismi, solo per ricordare all’altro che in fondo é lui/lei la cosa più preziosa che hai e ti deve sopportare anche quando ti trasformi in una multischizzopatica-maniaca-ossessiva-compulsiva! Le serate a guardare qualche “schifoprogramma” in tv che piacciono tanto a lei sul divano, con la faccia di lui annoiata e sconsolata…e metà del viso di lei poggiato sul petto dell’altro…contenta perché sta stringendo l’unica cosa che non smetterebbe di stringere mai, con gli occhi che guardano la tv e il cuore rivolto a la persona che ama.
E quell’abbraccio…che fa scomparire il resto del mondo e riduce il tutto ad una sola equazione: Tu e lui
Una canzone legata a cose dolorose ma anche ad una cosa molto bella.
Racchiude il ricordo per una persona di un passato troppo “passato”…
Di quei ricordi che lasciano solo il rumore dei passi di chi si allontana dalla tua vita.
Con quell’amaro in bocca che di solito si ha con le cose in cui ci speri fino all’ultimo e che poi scopri forse non ti spettavano dall’inizio!
Eppure in queste righe ti racconterò anche una delle esperienze più belle della mia vita.
Ecco perchè questa storia è divisa in due “parti”.
Come due facce della stessa medaglia…
Perciò te la dividerò proprio come si fa con un racconto epico, in cui un solo avvenimento porta a due risultati diametralmente opposti.
Pronti?
Cominciamo…
PARTE 1
Era aprile del 2017…eccomi sul divano, con il cellulare in mano, che cercavo di trovare la forza di mandare un messaggio che se ne stava lí da almeno due anni.
Mentre scrivevo delle semplici parole mi scorreva davanti una vita.
Un semplice “Come stai?” stava scavando più profondo di una mototrivella a scoppio!
Dopo due anni mi era esploso nel cuore il desiderio di sapere come stava.
Tanto difficile da spiegare le cose che mi avevano fatto scegliere di lasciare quella persona due anni prima. Ma il tutto forse si può riassumere in un concetto:
Non ci siamo mai “appartenuti”…(credo).
Cosí trovo la forza e scrivo il messaggio.
Credo di aver sentito un macigno dal cuore che veniva letteralmente cacciato via!
Non ci potevo credere…le avevo mandato un messaggio!
. . .
Nonostante l’avessi lasciata io a causa di problemi “irrisolvibili”, certamente continuava ad essere la persona che avessi amato di più in tutta la mia vita.
Quella che è riuscita a tirar fuori la parte migliore di me…
Quella persona che ti fa venir voglia di inventarti i modi più belli per rendere il mondo un posto migliore…e far si che quel mondo comprenda tu, lei e tutto ciò che insieme riuscite a progettare.
Quella persona che ti spinge a voler incarnare la migliore versione di te…
Colei a cui ho dato il mio “100”
. . .
La risposta a quel messaggio è arrivata dopo qualche giorno…
E mi ha dato la scintilla per scrivere questo pezzo.
Com’era possibile che dopo di lei erano entrate nella mia vita tante altre persone…eppure niente e nessuno era riuscita a prendere quella parte di me che avevo scelto di riservare solo a lei in modo cosí “statico”?
Possibile che non ci sia stata più nessuna persona per cui valesse la pena spendere il proprio tempo?
No, dovevo venirne a capo!
Dovevo sapere che almeno lei ce l’aveva fatta! Che l’aveva “superata” e aveva trovato di meglio!
Tutte le lacrime che avevo versato per lei e per noi…
Tutto quel deserto e quel dolore che avevo lasciato scorrere in quei due anni, adesso si erano concentrati in un “voglio sapere se stai bene e sei felice”.
Lo ammetto, mentre componevo questo pezzo, sul mio letto, in salotto, sul divano, mentre andavo a lavoro, mentre guardavo un tramonto…ogni volta che cercavo di proiettarmi al momento in cui l’avrei rivista di persona, l’unica cosa che mi veniva dal cuore era dirle:
<<Eccomi! Sono qui, sono sempre stato qui! Tante cose sono cambiate, ho macinato chilometri, ho fatto tantissima strada, ho visto, sentito, letto, conosciuto cose che mi hanno cambiato. Tu sei partita, hai cambiato vita, hai cambiato città, hai cambiato persino nazione…sei tu cambiata tanto. Ci ho provato ad essere felice senza di te. Eppure vuoi sapere cos’è cambiato in tutto questo? NIENTE! Sono sempre stato qui…e tu non sei MAI ANDATA VIA!>>
Volevo urlarglielo.
Volevo prenderla tra le braccia e farle capire che era stata “tutta colpa mia”…e che nel mio cuore ha sempre vinto lei…e dopo tutto quel tempo continuava a vincere su tutto e su tutti.
Questo desiderio/dolore/cuore pulsante/sangue che bolle/urlo che esplode, l’ho racchiuso nel testo.
Cosí sono entrato nel mio studio di registrazione e in un paio di giorni ho arrangiato il pezzo, suonato i vari strumenti, mixato, ascoltato più volte e mandato ad uno dei miei più cari amici per farglielo ascoltare.
La risposta del mio amico Lorenzo aveva spalancato la porta che ha dato modo a me e la persona che non era “mai andata via”, di incontrarci e “risolvere” alcune cose che dovevano essere risolte…
(Ma questa è un’altra storia che probabilmente non racconterò!)
Se proprio vuoi saperlo, non è finita tanto bene…o sarebbe meglio dire: Avevamo bisogno di alcune cose affinché potesse finire per sempre.
PARTE 2
Qualcosa però nel mio mondo musicale era successo.
La canzone “Mai andata via” l’avevo fatta ascoltare a quella che allora era la mia manager: Gessica Collarini (organizzatrice di eventi e titolare di un’agenzia di moda con la quale ho collaborato per un breve periodo).
Aveva avuto inizio un qualcosa che avrebbe superato di gran lunga le mie aspettative.
Attraverso il lavoro di Gessica a cui la canzone era piaciuta molto, era arrivata all’orecchio del talent scout di uno dei concorsi canori più famosi ‘d’italia…SANREMO NEWTALENT
Cosí dopo qualche giorno mi arriva una mail, che adesso ti riporto:
In pratica la mail diceva che “Mai andata via” era stata selezionata dallo staff di Davis Paganelli (Patron di Sanremo) e che mi faceva accedere direttamente alle finali nazionali di categoria, che si sarebbero svolte a Rimini
NON PUOI CAPIRE LA GIOIA IMMENSA CHE HO PROVATO QUEL GIORNO!
E adesso arriva il bello…
Nei mesi successivi mi sono preparato tecnicamente e mentalmente per quel palco…
E il 23 Settembre del 2017 ci siamo messi in viaggio io, mio padre e mia madre, alla volta di Rimini.
Arrivati lí, a “Altromondo Studios” l’emozione è stata grande…
Gli artisti erano tanti e tutti davvero di alto livello.
Sarebbe stata davvero dura poter vincere qualcosa…
Mi aspettavano tre giorni intensi tra campus formativi, confronti con altri bravissimi artisti e soprattutto lo scoglio “durissimo” della giuria di un livello stellare: il maestro d’orchestra di Sanremo Vince Tempera, Marco Paganelli, Valter Sacripanti, Rossella Diaco e Maria Teresa Ruta.
3 giorni intensi…3 giorni di emozioni…e una sorpresa INASPETTATA…
Avevo passato la finale ed ero arrivato in finalissima…
La canzone era piaciuta…
Ora dipendeva solo da una cosa: cantare il pezzo nel modo più “autentico” che potevo.
La sera prima di disputare la finalissima sono andato in spiaggia.
Volevo “connettermi” con tutto ciò che mi aveva spinto a scrivere il pezzo.
Ero sul bagno asciuga con le cuffie e “Mai andata via” nelle orecchie.
Volevo trovare qualcosa che mi facesse ripiombare in quello stato emotivo che mi aveva spinto a scrivere il pezzo.
Sai quando cerchi un pretesto per essere triste e inizi a guardare la tua vita con il telescopio dei “fallimenti” per trovare tutte quelle cose in cui hai fallito?
Ecco, stavo lí a osservare la mia vita proprio con quegli occhi…
Poi d’un tratto è arrivato…
Quel magone in gola che ti stringe il fiato e ti scioglie il flusso delle lacrime.
Ero arrivato a pensarla nuovamente con quel cuore di chi sente un “tutto” che non è “tutto”.
Di chi ha il senso di colpa per essere comunque andato avanti su una cosa che forse era ancora lí…e ci doveva essere una ragione se non era “MAI ANDATA VIA”.
Eccola, ce l’avevo la molla emotiva che mi avrebbe fatto cantare nel modo più “giusto”.
Torno in albergo felice come il giorno in cui ho visto Dragon Ball per la prima volta.
Mi metto a letto e naturalmente notte in bianco!
Arriva il giorno della finalissima.
La mia famiglia, i miei amici, tutti i miei parenti stavano seguendo il tutto da lontano
e in quello stesso giorno i miei zii insieme a uno dei miei cugini partono da Perugia e arrivano a Rimini proprio per vedermi cantare.
Ed ecco il momento di salire sul palco…
Non ero agitato…ero emozionato.
. . .
Quante cose mi avevano portato su quel palco!?
Quante cose avevano ispirato le parole di quella canzone?!
Quante cose avevo vissuto con lei che non era “Mai andata via”!?
. . .
Ora immagina ciò che ti descrivo:
Prendo il microfono in mano…
Arrivo al centro del palco dove nelle svariate prove di quei giorni ci avevano detto di posizionarci…
La troupe televisiva di Sky smaneggia in silenzio le varie telecamere e vedo il braccio meccanico della telecamera principale scendere su di me.
Le luci si abbassano…è tutto buio…
La giuria scompare e non vedo neanche più la mia famiglia tra i posti sotto il palco…
La luce “occhio di bue” si abbassa e illumina solo me…
Il pezzo comincia a suonare e l’ho cantata…ho cantato “Lei”.
L’ho cantata con il cuore di chi grida: <<Ho smesso di cercarti perchè facevi troppo male…eppure eccomi qui, davanti a telecamere, persone, familiari, giuria, sogni, speranze negli occhi…eppure dedicherei l’ultimo dei miei battiti solo a te…che te ne sei andata dalla mia vita e non sei “MAI ANDATA VIA”!>> .
L’ho bisbigliata, l’ho urlata, l’ho cantata…
Il pezzo arriva in chiusura e la canzone finisce.
Le luci si riaccendono, dicono che hanno anche applaudito!
Io non ricordo sinceramente…avevo gli occhi rivolti verso l’alto e il cuore che guardava un po’ più al passato.
Ma ce l’avevo fatta, l’avevo cantata con tutto me stesso.
Ora mi aspettava solo il verdetto della giuria…
Beh…sei arrivato fino qui a leggere, quindi non ti faccio attendere oltre…
Ho vinto il premio della critica: Premio “DITutto” – Premio dato al miglior testo e interpretazione
Con uscita dell’intervista sul magazine nazionale “DiTutto”
Un premio inaspettato, che ha dato quasi una “giustificazione” a ciò che mi aveva portato lí…
. . .
È stato necessario TUTTO. Tu che andassi via, io che soffrissi, tu che rimanessi, io che ti cantassi.
. . .
Dedico oggi questo pezzo a tutto ciò che ci rimane nel cuore. A ciò che “non va via” e per questo ci da speranza che le cose acquistino un senso…prima o poi.
A quelle partenze che sono “rimanenze”…
A quei battiti di cuore che nonostante i cambiamenti, continuano ad urlarci che non è “MAI ANDATA VIA”.
“Mai andata via”
(Testo e musica Salvo Lazzaro)
Guarda questi occhi
Ho cercato di aggrapparmi
a un futuro e nel buio a voltarmi
Copro la metà
di una vita che non spegne
questa sete che a guardarti mi prende
Poi torni qui…davanti a me
mi dici che non sai rispondere
lasci imprudente gli occhi aperti e guardi verso me
Racconta una storia vera…di sconfitta ma allo stesso tempo di rinascita.
Non dirò il nome di questa persona…ma è una delle persone più importanti della mia vita.
Erano anni che lottava contro depressione, dipendenza di droghe e alcol.
Non avendo forse altri strumenti con cui affrontare le ferite che la vita a volte ti infligge, lei lo faceva a modo suo. Con quello che poteva…
Vedendo come unica strada quella del “auto-sabotaggio”.
Una sera però è arrivata a scegliere la via più breve. Quella più orribile. Quella che non ti lascia via di continuità.
Ha tentato il suicidio.
Ma ha fallito!
La vita ha vinto ancora una volta con lei, portandola sottobraccio e dicendole: <<È ancora presto! >>.
La stessa notte di quell’evento è nata questa canzone.
L’ho scritta tra le lacrime e ancora incredulo che avesse realmente scelto che per lei “poteva bastare così”.
Tante volte ci ritroviamo ad affrontare cose molto più grandi di noi. Ad oggi ho imparato che la differenza la fanno le persone che ti circondano. Che ti aiutano a “portare il peso” quando non ce la fai più…
Quando hai perso le forze che quel peso richiede. Questa storia quindi parla anche di rinascita. Di speranza.
La persona che era crollata, si è ripresa e sta attualmente prendendo in mano la sua vita.
Voglio fartela ascoltare…
Accoglila per quello che è: Un pezzo intimo del mio cuore. La parte più dolorosa di me…
Ma anche quella che mi fa sorridere di più, perché mi ricorda che l’Amore vince su tutto e “Vale” la pena vivere per questo.
P.s. Queste canzoni sono tra le cose più preziose che ho…
riguardano la mia vita.
Sono tutte coperte da diritto d’autore.
Non ti chiedo di non scaricarle o non portarle con te…Anzi.
Ma sono canzoni frutto di fatiche, cuore, tante lacrime e tante gioie…
Quindi ti chiedo di farne un uso rispettoso di tutto ciò.
Grazie se ascolterai.
Salvo
TESTO: “(Ne) Vale“
(Testo e musica Salvo Lazzaro)
Occhi spenti con la pesantezza solo di guardare giù
E un sorriso di chi soffre ed in silenzio non ce la fa più
E un cuore che arranca su una scala a metà
che ti chiede il permesso anche se non salirà
E osservare impotente il male che ti fai
Abbassando la testa ad ogni sfida che hai.
È difficile guardarti lentamente cadere giù
Per scoprire che alla fine della frase non ci sei più
Non è facile amarti pur sapendo che avrai
una strada invitante al di fuori di noi
E sentirti gridare che la vita non vuoi
e alla vita rispondere: << Tanto non Vale!>>.
E scoprirai che Ne Vale!
Ogni sua lacrima in questa vita che hai
E la vivrai col “tuo Nome”
Nel vero valore che c’è.
Sai che non è necessaria una valigia per andare via
Quando tutto ciò che basta è solamente inseguire una scia.
Tu che guardi allo specchio e vedi ciò che non hai
Hai presente quella frase: “Solo se ti rende felice”?
Ecco, a mio parere se la analizziamo insieme, ci porta ad una riflessione molto interessante…
Fase 1:
-PREMETTO- Non pretendo di insegnarti qualcosa sull’Amore… Anche perché se sono ancora single a 34 anni, vuol dire che qualcosa ho “sbagliato” anche io (tra virgolette)… e che quindi dell’Amore non ci ho capito poi così tanto. Forse è proprio per questo che mi va di parlarne. Perché l’Amore io non l’ho “capito”! Ma in fondo si può “capire” l’Amore? Magari è una di quelle cose che non va capita… Non va neppure “vissuta”… È una di quelle cose che va “incarnata” a mio parere.
Ecco che mi parte la testa aprendo 100 “loop mentali” in un secondo e mi perdo! –
Torniamo alla frase di apertura: “Solo se ti rende felice”.
Il focus che voglio suggerirti è su una parola in particolare…
Non è “Solo” e neppure “Felice“.
Per spiegare il concetto che sto per dirti in queste righe, voglio concentrarmi sulla parola “Rende“.
Ecco che qui tiro fuori nuovamente le mie amate equazioni… (Non fraintendere, ero e sono tuttora uno straccio orribilante a matematica, però spiega bene l’idea)
Rendere = “Restituire”
Nella frase che stiamo analizzando, questo concetto viene espresso in modo abbastanza sottile…però c’è!
“Solo se ti RENDE felice”, diventa: “Solo se ti RESTITUISCE felicità”.
E se dobbiamo “ricevere indietro qualcosa”, vuol dire che prima di ogni cosa l’abbiamo data noi per prima.
Eh si! Sembra ovvio giustamente!
Se voglio ricevere in cambio, devo prima “dare”.
E qui arriviamo già alla Fase 2: Il “do ut des”- “io do, tu dai”
Scambio reciproco.
Complicità.
In altre parole: “EQUILIBRIO“.
Essere “Complici” ed “Equilibrati” in un percorso in cui si condivide un obbiettivo comune.
Ma allora, mi guardo indietro e mi domando: “Dov’è che non ha funzionato?”
Quando non sono stato “equilibrato” in una storia?
Se cerco una risposta, la trovo in un concetto che ha cambiato per sempre il mio modo di vedere i rapporti.
E qui entro nella Fase 3 e ti svelo un qualcosa che se adottato ed “incarnato” nei rapporti, può letteralmente SVOLTARE le relazioni.
Il Trio Perfetto:
C’è questa teoria splendida a mio parere!
Dice che i rapporti funzionano se c’è l’equilibrio tra 3 componenti fondamentali: EROS, FILIA, AGAPE.
(Mi sono impegnato a farti anche un disegno per mostrartelo in modo più chiaro)
(da notare come i cerchi partono dall’esterno per poi arrivare all’interno)
L’Eros è la componente fisica…
L’appetito sessuale e in generale la “presenza fisica” che si ha nei confronti dell’altra persona.
La “Filia” è l’amicizia…
Quel feeling e quella “chimica” mentale che senti con una persona.
L’Agape è il sacrificarsi per l’altro.
È quando ti importa più del suo bene che del tuo.
Contestualizzandoli nei rapporti di oggi, le persone non tengono più conto di questi aspetti. E forse non lo hanno mai saputo…
Io per primo spesso non li ho considerati…
Ci si ferma solo quando abbiamo trovato uno dei 3.
E spesso il primo step, l’Eros ci basta e avanza…per un po’.
Oggi giorno infatti ci si lascia subito.
Ci si lascia per niente.
Non si va più a fondo in un rapporto.
Anzi, a volte non si inizia neanche un rapporto…ci si ferma solo all’Eros
Ci si fa bastare quello
Ecco perché ci lamentiamo che oggi c’è troppa superficialità in giro.
Si inizia un rapporto spinti dall’Eros (Che è ovviamente una cosa fondamentale e non deve mancare tra due persone), ma che è solo il primo “cerchio” del rapporto. Quello più esterno.
Poi se si dura un po’ di più si arriva ad instaurare complicità ed essere amici, arrivando a scoprire la “Filia”.
Che è meravigliosa in un rapporto.
È quando senti di aver trovato quella persona con cui vuoi condividere un viaggio, una vacanza.
Un andare al cinema.
Con cui non vedi l’ora di parlarci e condividerci discorsi profondi o stupidi.
Raccontargli la tua giornata a lavoro o in università…
Scambiarci idee
È l’alchimia intellettuale.
L’intesa.
Ma non è ancora arrivato lo scatto successivo…
Quello che ti fa amare veramente l’altra persona…
Il sacrificarti per lei:
L’Agape.
È quando metti il suo bene e il bene della coppia prima del tuo.
Quando il suo sorriso ha più valore del peso delle tue fatiche per ottenerlo.
Non si raggiunge subito…ci vuole del tempo.
Bisogna CRESCERE INSIEME nel rapporto…
Questa teoria dice che lo squilibrio della coppia c’è quando si vive uno squilibrio tra i 3 cerchi.
Solo Eros, poca Filia e Agape
Tutta Filia e forse un po’ di Agape ma niente Eros
Solo Agape, quindi solo il sacrificarsi per l’altro e basta
Personalmente mi sono capitati quasi tutti i casi – ahimè! ;P
E l’ho trovato vero…perlomeno nei miei rapporti.
Il trio perfetto. I 3 cerchi di una relazione…
A mio parere, l’ultimo dei 3 è molto difficile da provare…perché l’Agape se ci pensi viene molto dopo a livello di tempo in un rapporto…ed è infatti il cerchio più interno, quello più profondo.
Ma una volta raggiunto questo, allora è davvero un rapporto di diamante! Quasi impossibile da distruggere e splendente come il chiaro di luna sull’oceano… Quello slancio d’Amore che riesci a compiere solo perché tieni più al bene dell’altro che a te stessa…
Ed è quello slancio che ti fa raggiungere l’equilibrio di tutti e 3 i cerchi.
L’armonia perfetta in cui ci si vive l’un l’altro, ci si mangia, ci si prende, ci si ascolta…
Quel rapporto in cui io costruisco per rendere “reale” ciò che serve…e tu lo colori per “impreziosirlo” e renderlo “più bello”.
Come in una casa di un uomo in cui manca la presenza femminile… Te ne accorgi dalle tende che ha (o che non ha). Dagli oggetti della casa, dalle cose sui mobili, dai quadri appesi, dalle piante. Da che macchinetta del caffè ha scelto…perché si sa, la macchinetta del caffè e le tende, le sceglie LEI.
È LEI che sceglie i colori…
In quel mio spazio interiore in cui non ho permesso a NESSUNO di entrare, lo permetto a te, perchè sei tu la persona che mi spinge a donare sorrisi, mi “restituiscefelicità”, mi rende il tutto più prezioso…e mi spinge a sacrificarmi, perchè dopo il mio sacrificio c’è il tuo sorriso.
Colei che mi spinge a dire: “Nelle stanze del cerchio più interno che ho, io costruisco e Tu colori”.
Non intendo in modo metaforico…stavo proprio per cadere.
Ero andato a correre (lo adoro – è il momento in cui il cervello si allinea con il cuore…e ciò che pensi corrisponde a ciò che senti).
E come succede di solito ho iniziato a viaggiare con i ricordi, i programmi, il mio presente e i progetti futuri.
Rincorrendo alcuni pensieri, mi sono imbattuto su una riflessione che mi ha aperto un “loop mentale” molto interessante, tanto da dover tirare fuori il cellulare dalla tasca e segnarmi sulle note dello smartphone alcuni concetti…
Solo che tutto questo ho pensato di farlo senza interrompere la mia corsa (in realtà lo faccio spesso).
Ed ecco che quasi la mia corsetta si stava per trasformare in tragedia!
Ma torniamo a noi…
Ero rimasto al “loop mentale”.
Mi sono messo a pensare agli errori commessi in passato. Sia in campo relazionale che in altro…E alle testimonianze riportate da molte persone nel corso degli ultimi quattro anni.
Ed ecco lo scenario che si può descrivere in poche righe:
Persone che si accontentano…
Che si spingono solo fino a dove sanno di poter arrivare. Dove gli conviene arrivare…e poi mollano
Persone che iniziano relazioni senza nemmeno chiedersi che cosa vogliono e che alla prima difficoltà lasciano via, gettando la spugna.
E questo capita nei rapporti con le persone, a qualsiasi livello. Gente che divorzia dopo anni di matrimonio, perchè non c’è più “passione” nella coppia. Amicizie storiche che finiscono perchè non si riesce ad accettare l’uno il cambiamento dell’altro…e si conclude un rapporto dicendo che “succede”… “è la vita ad averci diviso”.
Persone che vanno in cerca di stimoli sempre nuovi, sempre diversi. Sempre alla ricerca di quella sensazione allo stomaco di novità, di emozione, di passione…
E quando quella determinata cosa non da più queste sensazioni, si butta letteralmente un rapporto, come se fosse la cartina di un Bacio Perugina. E si inizia nuovamente la ricerca.
Siamo capaci di gettare nella pattumiera intere relazioni…perchè non ci stimolano più.
È assurdo!
È come buttare via un’automobile, perchè non profuma più di “nuovo”!
Ed ecco che ci ritroviamo distanti a decine di anni, con la valigia piena di cose iniziate e mai portate fino al “compimento”
È davvero poco “concreto” se ci penso.
Siamo diventati i massimi esperti delle “emozioni forti”…a discapito delle relazioni.
A me sembra abbastanza superficiale tutto questo. E mi ci metto con tutte le scarpe.
Quante volte ho sbagliato anche io!
Fine dello scenario.
-Ma stavo ancora correndo –
Cosí, dato che sono un amante del “pensiero laterale”, ho iniziato a scomporre il quadro e riflettere su quale sarebbe la situazione opposta a questa…
E la mia parte analitica ha pensato ad una formula che la riassume:
Nonostante = Oltretutto (Oltre-Tutto)
Si lo so, sembra quasi un’equazione…
Due parole apparentemente diverse.
Eppure se ci penso sono due facce della stessa medaglia.
“Oltretutto” (Oltre-Tutto)
Questa parola, più di ogni altra, mi fa pensare alla colla che deve legare insieme due persone…
Quella cosa che ti fa andare “oltre tutto” ciò che può dividervi…
I difetti di lui, le ferite di lei, le incomprensioni, le sconfitte, le partenze…le distanze. I silenzi.
Si va oltre tutto. Si supera tutto.
E si rimane insieme…
“Il nonostante”:
Bisogna basare le nostre relazioni, molto più sul “nonostante”, che su tutto il resto di meno concreto.
Quel “nonostante” che ti trovi a dire dopo un periodo in cui sembra che non vi capite più, che siete distanti, eppure ce la fate.
Eppure vi riscegliete.
Quel “nonostante” che dici quando hai conosciuto ogni difetto che ha…e quei difetti continuano ancora oggi a pesarti, nessuno escluso…eppure lo riscegli.
Eppure ti risceglie.
Nonostante tutto…
Bisognerebbe amarsi così.
Con i difetti odiosi di lui davanti agli occhi e lo sguardo verso un “Oltretutto”…
Con un “va a quel paese” tra le labbra e un “nonostante” tra le arterie del cuore.
Hai presente quando chiudi gli occhi e sogni qualcosa di profumatamente GRANDE, ma poi nel riaprirli, ti scontri con la realtà “insufficiente” di oggi?
Siamo stufi della pochezza di Amore.
Dell’inconstanza di cose belle.
Del “Mai na gioia”.
Di avere assenza, da parte di chi ci sta vicino e dalla quale ci aspettiamo presenza e impegno.
Immaginati di venire nutrita giorno dopo giorno di presenza costante.
Di cose per cui sorridere…
Una carezza che quando la cerchi sta sempre lì.
Un abbraccio o una mano da stringere, che sai di poter avere in ogni momento…anche quando pensi di non volerlo.
Non che debba essere tutto rose e fiori, senza un problema…Ma semplicemente che ci sia una cadenza puntuale di quelle cose che ci facciano sentire amati.
Tutto sarebbe completamente diverso.
Forse inizieremmo anche a credere alle dimostrazioni d’affetto da parte di qualcuno.
E soprattutto, credere di poter essere felici nella vita…
Siamo scontenti perché abbiamo dimenticato il sapore che hanno le cose che profumano di “eterno”.
Giorni fa avevo pensato ad una specie di gioco…
Te lo spiego in due parole:
Prendevo qualsiasi cosa che avevo lì vicino, e gli mettevo alla fine la frase: “per sempre”. Immaginati di farlo adesso:
– “Un quaderno non basta, CI VUOLE UN PER SEMPRE”.
– “Una scarpa non basta, CI VUOLE UN PER SEMPRE”.
– “Un dentifricio non basta, CI VUOLE UN PER SEMPRE”.
Fatto?
Bene…
Ora pensa di farlo con quelle cose che sono più concrete o realmente importanti per te:
– “Un abbraccio non basta, CI VUOLE UN PER SEMPRE”.
– “Un sogno non basta, CI VUOLE UN PER SEMPRE”.
– “Un bacio non basta, CI VUOLE UN PER SEMPRE”.
Come può cambiare la percezione delle cose, tutto questo!?
Dobbiamo ritrovare il coraggio di desiderare cose “eterne”.
È strano a volte quanto tempo occorra affinché un
ricordo non faccia più male…
Ed ho capito questo: smette di fare male, quando
diviene solo un pensiero.
Quando legato a quei profumi, a quelle note, a quel
testo cantato in auto mentre torni dal lavoro, o a quelle
domeniche passate sul divano a guardare un film, non
viene più fuori il “magone” allo stomaco.
Perché non ricordi più la sua faccia, i suoi modi di fare, le sue intolleranze alimentari, non ricordi il suo cartone preferito, o il suo cercarti durante la giornata. Smette di essere un ricordo.
Semplicemente la tua mente si posa su quella piega
che non è più un ricordo…ma soltanto un’ombra
sbiadita di ciò che eri “una persona fa”
Così rifletti e dici: “Caspita! Non mi fai più male!”
Eppure su quel pontile ti ho pensata… In quel tramonto…
L’unico momento in cui riesci a guardare il sole ad
occhio nudo, senza venire accecato.
Credo che bisognerebbe riguardare così le
proprie ferite.
Arrivare al momento del “tramonto”, in cui
puoi spalancare gli occhi e guardare il tutto
senza più dolore.
Non so bene perché proprio in quel momento…ma in quel tramonto ti ho cercata.
Senza accorgermene, sei diventata uno di quei
pensieri lontani.
Una di quelle ferite da poter guardare senza
essere accecati.
E tutto ciò che rimane è la certezza di un folle,
che imbraccia una chitarra e guarda l’orizzonte
con gli occhi di chi non ha mai smesso di sentire il
profumo della speranza.
Perché siamo destinati a prendere quella parte di
Amore che non meritiamo ma che ci spetta per diritto
di vocazione…perché siamo chiamati ad amare.
A questo sono chiamato anche io…
In qualche modo lo siamo tutti.
E in quel momento, su quel pontile, ti ho pensata…
in quel tramonto.
Ed ho pensato che in fondo, non ti ho mai “affrontato”…
Ti ho cercato nelle canzoni e nelle rime
sofferte, arrabbiate.
Ti ho cercato nei sorrisi rubati ad anime belle…
E ti ho cercato nelle storie, come si fa con i
tramonti, quando lo vedi ti soffermi…e pensi a
ciò che non affronti.